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da CAPIRE LA SCIENZA

il problema della ricerca di cure del cancro

Per essere capaci di approccio scientifico forse la prima cosa è avere matura consapevolezza della distinzione tra scienza e senso comune.

La conoscenza scientifica non può essere messa sullo stesso piano delle nostre convinzioni di senso comune. Un errore che spesso commettiamo è pretendere di giudicare cose che la scienza dice a seconda che ci sembrino più o meno credibili. Le affermazioni scientifiche a volte sono in netto contrasto col senso comune, ma non per questo possiamo pretendere di discuterle. In scienza c'è un unico modo di mettere in discussione una affermazione scientifica: fare una ricerca che dimostra il contrario, pubblicarla e avere il consenso della comunità scientifica del settore.

D'altra parte non dobbiamo mitizzare la scienza, sopravvalutare attività scientifica e conoscenze scientifiche, senza renderci conto di certi limiti che di fatto hanno. Così, ad esempio, ogni ricerca ha un suo framework, un quadro di pensiero in cui si muove, una sua impostazione teorica. Da un lato questo è indispensabile: solo grazie al fatto che hanno un quadro concettuale di partenza i ricercatori si pongono domande, avanzano ipotesi, pianificano e portano avanti la ricerca. Dall'altro lato il framework del ricercatore è una specie di carcere mentale: gli impedisce di guardare ai problemi con altri occhi e immaginare piste alternative di ricerca.

Un altro limite della ricerca scientifica è che molto dipende dalle qualità che i ricercatori riescono a sfoderare. Idealmente il buon ricercatore è esperto della sua materia, ha una cultura che gli consente di spaziare, è creativo, amante dell'innovazione, aperto alle critiche, autentico, nel senso che il suo primo interesse è scoprire come stanno le cose, non far bella figura, fare carriera, avere successo.

Di fatto però i ricercatori, ora più ora meno, sono condizionati dai contesti in cui si trovano a operare. Le stesse istituzioni accademiche, lo Stato, i media, l'industria possono spingerli ad ancorarsi a questo framework piuttosto che all'altro e possono influire negativamente sulle loro qualità.

Alcune pagine di Capire la scienza indicano limiti attuali della ricerca di cure del cancro, legati a condizionamenti dell'industria farmaceutica, che incidono su framework e qualità dei ricercatori.

Il problema della ricerca di cure del cancro

Le cure del cancro sono sempre più costose. Le nuove terapie ci fanno fare passi avanti, ma, almeno nel caso dei cancri metastatici, questi passi avanti sono modesti e sproporzionati all’aumento dei costi.

L’oncologa statunitense Deborah Schrag ha posto chiaramente la questione in un articolo dal titolo eloquente: The price tag on progress [58]. Nell’articolo riferisce come sono cambiati costi e benefici col progresso nella terapia del cancro metastatico del colon e del retto. Senza fare nulla la sopravvivenza media è di 8 mesi. La chemioterapia con fluoruracile l’ha portata a 12 mesi. I nuovi regimi chemioterapici di combinazione introdotti nel 2002 (FOLFOX e FOLFIRI) hanno portato la sopravvivenza a circa 2 anni. Con l’arrivo della nuova generazione di farmaci a bersaglio molecolare (bevacizumab e cetuximab) la sopravvivenza media è arrivata oltre i 2 anni. E i prezzi?

Schrag nota che i pazienti restano sconcertati quando vengono a sapere che per 8 settimane di cura si è passati dai 63 dollari del fluoruracile ai 9-12.000 del FOLFIRI e del FOLFOX, ai 21-30.000 dei farmaci a bersaglio molecolare.

Calcoli come questi fanno capire che c’è un problema di sostenibilità. Da un lato abbiamo ragioni etiche per non negare un probabile allungamento della sopravvivenza, dall’altro rischiamo di non avere più denaro per star dietro al progresso.

Il problema è aggravato dal fatto che il cancro nel mondo è in aumento. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2014 ha stimato che in 20 anni l’incidenza del cancro nel mondo passerà da circa 14 milioni di casi l’anno a 22 milioni. C’è da dire anche che solo una parte del mondo può permettersi oggi cure costose e che anche le economie dei paesi avanzati vacillano.

La faccenda è paradossale, perché la ricerca clinica che introduce nuove cure sempre più costose è in disaccordo con la visione del cancro e con la filosofia della cura che oggi la scienza prospetta.

Le ricerche cliniche partono dall’idea del “proiettile magico” (magische Kugeln), che risale a Paul Ehrlich, famoso medico e scienziato tedesco dell’Ottocento. Il cancro sarebbe un insieme di cellule impazzite, che vanno colpite con proiettili capaci di colpirle selettivamente, di ucciderle risparmiando le cellule sane. Perciò si concentrano sulla ricerca di farmaci sempre più “magici” e sempre più costosi.

L’idea del “proiettile magico” ha dato buoni risultati con le malattie infettive. Gli antibiotici, a cominciare dalla penicillina scoperta da Fleming (vedi pag. 78 e seguenti), colpiscono i batteri risparmiando l’organismo. Oggi però abbiamo buoni motivi per pensare che questa strategia col cancro sia perdente.

A partire dal 2000 la ricerca biologica e preclinica ha smentito l’idea che il cancro sia un insieme di cellule impazzite che possiamo sperare di eliminare dal corpo. Per una serie di ragioni (il cancro in realtà è un organo, contiene cellule staminali tendenzialmente immortali, ecc.) si è fatta strada la convinzione che la migliore filosofia della cura è considerare il cancro una malattia cronica e cercare di tenerlo a bada, facendo in modo che chi ce l’ha viva a lungo e bene, anche se il cancro resta nel suo corpo.

Judah ­F­olkman e Raghu Kalluri parlano di cancer without disease, per dire che l’obiettivo della cura è star bene pur avendo ancora il cancro in corpo [59]. Robert Gatenby, del Moffitt Cancer Center in Florida, raffigura la nuova strategia da seguire con l’immagine della potatura [60]. Un cancro è come un albero che cresce in modo incontrollato e la cosa migliore da fare è circoscriverlo potando sistematicamente i rami che creano problemi.

Spostare la ricerca nella direzione della nuova filosofia della cura potrebbe farci trovare modi meno costosi di curare il cancro. Non puntiamo più infatti su farmaci risolutivi, ma su una gestione della malattia basata su una più approfondita conoscenza della sua biologia e sull’impiego di rimedi vari, anche già disponibili.

C’è però un problema: la ricerca clinica è finanziata dall’industria farmaceutica, che è interessata a immettere sul mercato nuovi prodotti e in particolare prodotti che abbiano dietro molta ricerca, così da giustificare gli alti costi. È per questo che Schrag e altri auspicano che la ricerca sul cancro diventi più accademica e meno industriale. È un modo di auspicare un recupero dell’ethos scientifico.

immagine del cancro come albero da potare ideata da Robert Gatenby

Titolo: Capire la scienza

          Primo passo per un approccio scientifico alla vita

Autori: Adele Bianchi, Parisio Di Giovanni, Eugenio Di Giovanni

 

Copertina: Adele Bianchi

 

© 2016 Parisio Di Giovanni

tutti i diritti riservati

ISBN-13: 978-1534613836

ISBN-10: 1534613838

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